lunedì 8 novembre 2010

Artis...si, ma...

Sabato sono andato ad Artissima.
Ci sono andato da solo, spinto da motivazioni personal-intellettuali che non sto qui a spiegare.
La location ove si svolgeva la kermesse, che richiama annualmente più radical-chic e indie-like di una distribuzione gratuita di occhiali da nerd, era l'oval del lingotto.
L'installazione principale era una casa (due piani, dimensioni naturali) fatta di immondizia e riciclato, con tanto di scale ornate da bucce di banana, pareti di cartone e sperimentazione distribuita un po' qua e un po' là.
Ora, a me piace la sperimentazione. La provocazione. L'originalità. La rottura col passato e con gli schemi. Tutto quello che vuoi.
Però se ho appena sborsato 15 euro per vedere non dell'arte, ma il suo superlativo, e poi mi presenti l'apoteosi della monnezza, mi girano anche un po' i coglioni.
Il tutto poi condito da una sfilata di personaggi cool, torinesi e non, che se già meritavano badilate in faccia per l'abbigliamento (maglioni da artista - ovvero sdruciti e dai colori improbabili - bretelle, quadrettoni ovunque, maschi coi fuseaux, sembrava un incubo in stile lynch), offrivano il fianco a una dose supplementare di randello con espressioni di supponenza a malapena giustificabili dopo la creazione di un giardino dell'Eden.
E invece no. Il massimo della creazione ad Artissima era una casa di immondizia.
Vabbè che l'attualità fa scuola, vabbè che il riciclo dei materiali è la risorsa del futuro, ma il senso estetico non dovrebbe elevarsi almeno un po' dal reale? Non è questa la sua missione? Che volete, sarò io l'ignorante.

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