domenica 28 novembre 2010

decostruzioni

Il buio potrà anche non aiutare la vista.
Ma certamente offre esperienze primitive agli altri sensi.
L'olfatto è denso, pregno e carico. Di rabbia, di solchi. Di sbuffi di tensione impossibili da descrivere eppure così facili da respirare.
L'udito è una molla in sospensione, pronta a scattare alla minima vibrazione prodotta dal respiro dell'altro.
Il tatto è uno spazio di libertà e di movimento, ma contemporaneamente di attesa e paura.
Attesa e paura che la prima mossa venga fatta.

Eppur nulla si muove. I due corpi rimangono in quello stallo di tensione nevrotica, specchi fedeli delle menti che li comandano.
Le parole ovviamente sarebbero di troppo. L'aria è talmente satura di elementi, da non poter sopportare un ulteriore livello di scontro.

Non ci sono pareti, solo il vuoto li circonda. Un vuoto enorme, siderale, emblematico. Il loro.
Rimangono così ancora un po' i due corpi, annichiliti dalla potenza della loro stessa creazione. A chiedersi silenziosamente perchè si renda necessario un'atto finale. Perchè le cose non possano rimanere in sospensione per sempre, senza essere spiegate. Perchè l'uomo non sia in grado di convivere con le porte socchiuse, ma solo con quelle spalancate o sprangate.

-Perchè la storia è ciclica. Circolare. Perchè la fine ne è il senso, risponde Dio ad entrambi, interiormente.
La risposta li lascia insoddisfatti, ma non desiderosi di replicare.

Man mano che si avvicinano, sentono i pensieri evaporare. I ricordi scomparire, i sentimenti affievolirsi. La tensione sciogliersi, l'anima fuggire.
Gli ultimi ad andarsene sono i sensi, nudi.

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